ADHD nell’Adulto

ADHD è l’acronimo di Attention Deficit Hyperactivity Disorder, in Italia noto come Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, per diverso tempo si è pensato che l’ADHD fosse un disturbo del neurosviluppo caratterizzante esclusivamente l’età infantile, ma le evidenze scientifica hanno messo in risalto come l’ADHD possa persistere nel corso della vita adulta fino all’85% dei casi (Barkley et al. 2010; Kessler et al.,2006), con conseguenze  spesso gravi come problemi relazionali, educativi, lavorativi e disturbi psichiatrici in comorbilità (Miller et al., 2007; Sobanski et al., 2007). Se inattenzione e iperattività/impulsività sono caratteristiche distintive del disturbo in età evolutiva, nell’adulto è la difficoltà nella regolazione delle risposte emotive, disregolazione emotiva (ED), che spesso passa in primo piano. Il 30-70% degli adulti con ADHD presenta disregolazione emotiva, che in molti pazienti può essere la manifestazione principale del disturbo. Inoltre il 19-27% presenta un disturbo da uso di sostanze (SUD). La presenza di marcata ED/SUD influenza l’espressione clinica, il decorso e la risposta al trattamento dell’ADHD inoltre ED e SUD sembrano essere caratterizzati da profili diversi nel sesso maschile e femminile, anche se non tutti gli studi sono concordi su questo ultimo aspetto. Negli adulti il sottotipo combinato più frequente nei maschi è più spesso associato a disturbi della condotta, di personalità e di uso di sostanze (SUD) (Willcutt, 2012; Biederman, Faraone, Monuteaux, Bober, & Cadogen, 2004; Williamson & Johnston, 2015), nel sesso femminile al contrario, l’ADHD e più frequentemente diagnosticato come sottotipo o manifestazione inattentiva, secondo i criteri del DSM-IV/DSM-5 con presenza di sintomi internalizzanti (ansia/depressione) (Vildalen, Brevik, Haavik, & Lundervold, 2016;  Williamson & Johnston, 2015).

In occasione della recente pubblicazione su Medicina Delle Dipendenze-Italian Journal of the Addictions di un articolo su ADHD dell’adulto e Disturbo da uso di sostanze, che vede la mia partecipazione come coautrice, abbiamo pensato, insieme al Dott.Paganin di ripresentare sul blog alcuni dei dati contenuti nell’articolo in questione ed effettuare alcune considerazioni a riguardo.

Ho già affrontato l’argomento in un post precedente, focalizzandomi sul Disturbo di Uso di sostanze in relazione all’ ADHD, questo post consente il giusto completamento del precedente articolo. Per approfondire  ulteriormente la tematica vi invito inoltre alla lettura dell’ultimo numero della rivista che tratta la tematica dell’ ADHD adulto e Disturbo da uso di sostanze da svariati punti di vista.

Non sempre l’ADHD adulto viene diagnosticato a causa delle sue comorbidità in quanto esiste una gerarchia implicita nell’approccio diagnostico, con diagnosi di primo livello (disturbi affettivi, disturbi di personalità, di ansia e di abuso di sostanze) e di secondo livello (ADHD) e la diagnosi di primo livello può mascherare quella di ADHD. Gli attuali criteri diagnostici del DSM non sono sufficienti a definire in modo accurato il quadro sintomatologico dell’ADHD nell’adulto. Infatti, questi criteri sono stati formulati per fare una diagnosi in età infantile, senza considerare la potenziale evoluzione che caratterizza questo disturbo e i sintomi associati col passare degli anni. Per questo motivo Wender e i suoi collaboratori hanno formulato i Criteri di Utah (Criteria for Adult Attention-Decifit/Hyperactivity Disorder), più appropriati per poter fare la diagnosi di ADHD nel paziente adulto (Ward, Wender, & Reimherr, 1993;  E.  H.  Wender, 1995; P. H. Wender, Wolf, & Wasserstein, 2001).

Criteri di Utah

  1. IPERATTIVITA’ MOTORIA:
  2. Si manifesta con irrequietezza, incapacità a rilassarsi, nervosismo, incapacità di stare fermo, incapacità di sostenere a lungo attività di tipo sedentario (come guardare un film, o leggere il giornale), agitazione  continua, disforia e facilità alla noia.

2. DEFICIT DI ATTENZIONE:

Si manifesta con incapacità a mantenere l’attenzione durante una conversazione, facile distraibilità, difficoltà di concentrazione durante la lettura o in compiti da svolgere, frequenti dimenticanze, difficoltà a ultimare i dettagli finali di un progetto ecc.

3. LABILITA’ AFFETTIVA:

Di solito viene descritta come presente “fin da prima dell’adolescenza” ed in molti casi come “presente da sempre”. Si manifesta con improvvisi passaggi da una condizione di eutimia ad una di depressione, o di leggera euforia fino all’eccitamento (mania). Gli sbalzi d’ umore durano di solito da qualche ora fino a qualche giorno e si presentano senza motivo e senza significative variazioni neurovegetative.

4. TEMPERAMENTO SANGUIGNO ED ESPLOSIONI DI RABBIA:

Il temperamento è sanguigno ed esplosivo. Gli attacchi di rabbia solitamente sono seguiti da un ristabilirsi rapido della condizione di calma. I pazienti riferiscono di avere una transitoria perdita di controllo e si mostrano spaventati dal loro stesso comportamento. Hanno un’irritabilità costante o comunque facilmente provocabile.

5. IPERATTIVITA’ EMOTIVA:

I pazienti non riescono a sostenere lo stress quotidiano e reagiscono in maniera eccessiva o inappropriata: sviluppano forme di depressione, confusione, incertezza, ansia o rabbia. La risposta emotiva interferisce con la capacità di “problem solving”: sviluppano quindi ripetute crisi nell’affrontare gli stress della vita quotidiana.

6. DISORGANIZZAZIONE E INCAPACITA’ A PORTARE A TERMINE I COMPITI:

I pazienti si caratterizzano per mancanza di organizzazione nell’eseguire in modo corretto il loro mestiere, nella gestione familiare e nel portare a termine i compiti scolastici. Gli obiettivi prestabiliti non vengono quasi mai portati a termine, ed inoltre questi pazienti passano da un’attività a un’altra in maniera caotica e casuale. Sono soggetti che hanno difficoltà organizzative, nella risoluzione dei problemi e nella gestione del tempo; inoltre hanno poca determinazione e si arrendono di fronte alla più piccola difficoltà.

7. IMPULSIVITA’:

Le manifestazioni minori sono il parlare prima di pensare a cosa dire, interrompere le conversazioni degli altri, l’impazienza (ad es. nella guida) e la tendenza a spendere denaro in maniera impulsiva. Le manifestazioni più eclatanti possono essere simili a quelle che si ritrovano negli stati maniacali nel disturbo di personalità antisociale, come il basso rendimento a lavoro, la rapidità di intraprendere e terminare relazioni (riferiscono spesso di aver avuto matrimoni falliti, divorzi e separazioni). L’impulsività si caratterizza anche per un eccessivo coinvolgimento in attività gratificanti, senza però riconoscerne i rischi e le possibili conseguenze dannose (ad es. shopping compulsivo, investimenti finanziari pericolosi, guida spericolata) e l’incapacità a rimandare le gratificazioni, con forte intolleranza alle frustrazioni. Un’altra caratteristica è quella di prendere decisioni in modo superficiale, senza riflettere sufficientemente, basandosi su informazioni incomplete da cui possono derivare conseguenze svantaggiose.

8. CARATTERISTICHE ASSOCIATE:

Abbiamo instabilità affettiva che si ripercuote nella vita relazionale; abuso di alcool e droghe; scarsi risultati nello studio e nel lavoro rispetto a quanto ci si aspetterebbe per livello d’intelligenza e istruzione; risposta atipica ai farmaci psicoattivi; storia familiare di ADHD in età infantile; disturbo antisociale di personalità; Sindrome di Briquet.

L’ADHD segue nel tempo “traiettorie evolutive” eterotipiche manifestandosi con quadri clinici eterogenei di difficile gestione per gli adulti che giungono all’osservazione clinica. La persistenza e il peggioramento nell’età adulta si associa a comorbidità psichiatrica che va incontro a destini indipendenti rispetto al core sintomatologico. Circa l’80% dei pazienti adulti con ADHD presenta un altro disturbo psichiatrico in comorbidità (Sobanski et al., 2007; Torgersen, Gjervan, & Rasmussen, 2006). L’ADHD in comorbidità con il disturbo bipolare si manifesta con una frequenza che varia tra il 9.5% e il 21.2%. Il tipo 1 e più comune in questi pazienti rispetto al tipo 2 (Wingo & Ghaemi, 2007). Ansia e disturbi depressivi possono manifestarsi come conseguenza di una mancata diagnosi e trattamento specifico per ADHD. Spesso pazienti con depressione cronica resistente al trattamento con SSRI e anedonia sono in realtà pazienti con ADHD misconosciuto, in alcuni pazienti distimici si è rilevato un nucleo ADHD (Sternat & Katzman, 2016). In uno studio di Shekim del 1990 si constatò che il disturbo ossessivo compulsivo (DOC) aveva una prevalenza del 14% nei soggetti adulti diagnosticati per ADHD (Shekim, Asarnow, Hess, Zaucha, & Wheeler, 1990). Circa il 13-45% degli adulti con ADHD ha contemporaneamente un disturbo depressivo maggiore. La distimia, una forma di depressione, è stata diagnosticata nel 19-37% degli adulti con diagnosi di ADHD (Murphy, Barkley, & Bush, 2002). I disturbi di personalità sono presenti in più del 50% degli adulti con ADHD, più comunemente disturbi di personalità del cluster B e C, e il 25% degli individui ha due o più disturbi di personalità (Olsen, Reimherr, Marchant, Wender, & Robison, 2012). Varie ricerche hanno stabilito che il disturbo da deficit d’attenzione ed iperattività ha maggiore prevalenza nella popolazione di individui con disturbo da uso di sostanze. Una metanalisi ha stimato che la prevalenza dell’ADHD negli individui con SUD sia del 19-27%, a seconda della sostanza preferita (van Emmerik-van Oortmerssen et al., 2012). In un altro studio sugli adulti con SUD, la prevalenza di ADHD negli adulti era ancora più elevata al 46%  (Notzon  et  al.,  2016;  van  Emmerik-van  Oortmerssen  et  al., 2014). Da menzionare inoltre i disturbi della condotta alimentare, come il binge eating disorder e l’obesità (Cortese et al., 2016).  L’ADHD si associa inoltre comunemente ai disturbi del sonno, come le apnee notturne, insonnia, incubi, sindrome delle gambe senza riposo e parasonnie non REM (Hvolby, 2015). Nei pazienti con ADHD c’è una percezione esagerata dello stimolo emotivo negativo che non viene adeguatamente riconosciuto portando a risposte emotive esagerate e alla disregolazione emotiva (Campos, Frankel, & Camras, 2004).

Per ottenere una diagnosi di ADHD è utile che sia negli adulti che nei bambini, la sintomatologia venga raccolta nel modo più ampio possibile. L’ADHD adulti ha un corteo sintomatologico più ampio rispetto all’età evolutiva, dove si sovrappongono altri disturbi in comorbidità. La diagnosi viene effettuata sulla base del colloquio esplorativo con il paziente volto a rilevare lo stato psicopatologico, la valutazione retrospettiva di un eventuale ADHD nell’infanzia o in famiglia e l’inizio del disturbo di primo livello, riesame dei criteri diagnostici secondo l’ICD 11, DSM-5 (anche se entrambi i sistemi diagnostici di riferimento ICD-11 e DSM 5 non forniscono criteri espliciti per gli adulti ed hanno impostazioni molto diverse), sono poi utilizzati strumenti di valutazione specifici che possono aumentare la sicurezza diagnostica. Uno dei più usati per concorrere a fare diagnosi di ADHD nell’adulto è DIVA 5.0. La specificità di questa intervista sta nel fatto che le stesse domande sono fatte contemporaneamente al soggetto, ad un familiare che riferisce per l’infanzia del paziente e ad una persona che può comprovare le risposte precedenti. Come per l’infanzia negli adulti la diagnosi viene differenziata a seconda dell’area di compromissione prevalente: inattentiva, iperattiva-impulsiva, combinata.

 

La terapia dell’ADHD necessita di trattamenti farmacologici e non farmacologici, con l’obiettivo di ridurre i sintomi, migliorare l’organizzazione temporale delle attività, la produttività e il funzionamento sociale e lavorativo. Per quanto riguarda gli approcci farmacologici essi si avvalgono innanzitutto dei farmaci stimolanti, quali Metilfenidato (Ritalin®, Equasym® Medikinet® nella sua formulazione a rilascio modificato) e Amfetamine (non disponibile in italia). Tra le alternative farmacologiche agli stimolanti abbiamo l’Atomoxetina (Strattera). Altri due farmaci impiegati sono la Clonidina e la Guanfacina nella loro formulazione a rilascio prolungato, appartenenti alla classe degli alfa-2simpaticomimentici. Il Modafinil e una sostanza stimolante non appartenente alla classe delle anfetamine, che promuove la veglia ed e indicato nei pazienti con narcolessia e sonnolenza diurna, gli antidepressivi triciclici (TCA) come l’Imipramina e la Desipramina hanno mostrato una efficacia analoga alla Atomoxetina e possono risultare utili in pazienti con ADHD e disturbi d’ansia o da panico (Gemignani,Paganin,Signorini & Pallucchini, 2022). Gli interventi non farmacologici si avvalgono di: neuro feedback, parent training e parent education, training cognitivo, terapia cognitivo comportamentale e mindfulness (Fabiano et al., 2009; Janssen et al., 2019; Lee,Niew, Yang, Chen, & Lin, 2012; Verlaet, Maasakkers, Hermans, & Savelkoul, 2018), interventi di coaching e psico-sociali mirati al sostegno del posto di lavoro e della stabilità di coppia e/o della famiglia, gruppi di sostegno e counseling individuale.

 

 Dott.ssa Sabrina Signorini e Dott.Walter Paganin

 

BIBLIOGRAFIA

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ADHD nell’Adulto