La cura dell’arte e l’arte della cura

Manifesto Festival Outsider Art ARTE IRREGOLARE
“Prendersi cura dell’arte, prendersi cura di sè”

Premessa

Questo mio post è parte di un elaborato effettuato per conto della SGAI, è stato molto combattuto così come lo è il mio rapporto con l’arte stessa in particolare con la pittura e il disegno in genere. Il seminario del prof. Boccalon a cui ho partecipato mi ha dato modo di riflettere sui significati e i significanti che il disegno ha avuto nella mia vita ma soprattutto di avere una visione teorico-storica più ampia sull’utilizzo della terapia espressiva in ambito psicoterapico. Premetto che faccio parte di un’Associazione culturale dedicata ad un artista scomparso 10 anni fa, il suo nome è Mimmo Canonico[1] e l’Associazione è in sua memoria. Oltre che diffondere e riproporre le sue tele di indubbia bellezza l’associazione ha tenuto dei corsi, ormai da 4 anni all’interno di una comunità terapeutica con tossicodipendenti con un progetto chiamato “colori senza frontiere” . L’obiettivo del corso è non solo di superare le barriere nazionali o linguistiche dei partecipanti ma soprattutto conoscere ed interpretare le “frontiere” profonde della propria personalità, imparando al contempo tecniche di pittura basilari per approcciarsi e interpretare il fantastico mondo dei colori. Durante questa esperienza molte sono state le barriere abbattute dai ragazzi partecipanti, che si sono cimentati con la tela vuota ed hanno espresso le loro emozioni in gruppo e alla fine durante la mostra conclusiva condividendo le loro emozioni con le loro famiglie e con tutto il pubblico. Sono stati momenti di grande intensità emotiva a conferma della grande forza dell’arte sull’animo umano.

Mimmo Canonico Fleurs 2009. Coll. privata olio su legno 120×40

La moderna concezione dell’arte si può far risalire a Freud, come espressione in larga parte simbolica, legata soprattutto a comportamenti nevrotici, cioè “allusiva di pulsioni profonde che non possono manifestarsi direttamente per le rimozioni e le censure della coscienza”[2]. L’arte moderna quindi, “assomiglia sempre più alla ‘mente’, e ai suoi strati profondi, che alla realtà”[3] e il limite di Freud potrebbe essere l’aver voluto “spiegare l’arte con la psicoanalisi riducendola a puro e semplice caso clinico”. Secondo Freud, infatti “l’uomo felice non fantastica; solo l’insoddisfatto lo fa. Sono desideri insoddisfatti le forze promotrici delle fantasie, e ogni singola fantasia è un appagamento di un desiderio, una correzione della realtà che ci lascia insoddisfatti”[4]. E quindi a seguire la replica di Jung: “se l’arte è nevrosi allora la nevrosi è opera d’arte”[5]. Da qui i legami fra psicoanalisi e arte sono numerosi, quello che mi interessa sottolineare è come quella che Freud chiama sublimazione, ossia, dalla prospettiva psicoanalitica, una sorta di conversione o trasmutazione da uno stato di esistenza più basso ad uno più alto, sia che si tratti di trasmutazione di una sostanza o di una pulsione con i suoi oggetti e mète. Freud lo introdusse come meccanismo di difesa dell’io per definire alcune attività umane che apparentemente non hanno alcun rapporto con la sessualità, ma che avrebbero la loro molla nella pulsione sessuale: una pulsione è sublimata quando viene deviata verso una mèta non sessuale e socialmente accettata: la creatività.

Mimmo Canonico Luna piena 2009. Coll. privata olio su legno 120×40

Dopo Freud altri psicoanalisti si sono interrogati sull’arte e le forme artistiche, citiamo Rank che intende l’opera d’arte come un sintomo che riemerge dal conflitto: “il conflitto è avvertito dagli artisti proiettato sull’io, con singolare violenza, in quanto troppo maturo per il sogno e non ancora patogeno: essi cercano di liberarsene con l’opera d’arte. L’opera d’arte è doppiamente profilatica, previene sia il pericolo che la crescita del conflitto sfoci nell’improduttivo, sia la nevrosi dell’artista stesso.”[6] Anche Winnicott quando illustra come il bambino riesce a tollerare la distanza dalla madre con l’oggetto transizionale che rappresenta il passaggio alla ‘posizione depressiva’ dove inizia a concepire la madre come persona separata da lui e percepisce quindi la separazione. Fase caratterizzata dall’angoscia e dal senso di colpa “che inizia quando il bambino riesce a riunire le due madri: l’amore e l’odio, e cresce gradualmente per diventare una fonte sana e normale di attività nelle relazioni. E’ questa fonte di potenza e di contributo sociale, come pure realizzazione artistica”[7].

Per Winnicott la realizzazione artistica è, quindi, attivata dal sentimento di colpa necessario all’individuo per incontrarsi con la realtà esterna.

Per Bion due sono i concetti che offrono una nuova visione di una psicoanalisi dell’arte: l’identificazione proiettiva (basato sulla teoria di M. Klein) e l’altro quello di trasformazione. Si passa da uno stato iniziale (O) ad un processo di trasformazione (Ta) per arrivare ad un prodotto finale (Tb). “Propongo che il lavoro dello psicoanalista debba essere considerato in analogia a quello dell’artista e del matematico, come trasformazione di una realizzazione [intuizione] (O) in una interpretazione (K)”[8]. Le trasformazioni contengono momenti unici e originari da un’esperienza emozionale, la trasformazione dell’artista induce con la sua opera una trasformazione anche in chi osserva l’opera. Si può quindi affermare che la creazione artistica continua anche dopo il compimento dell’opera con la fruizione da parte dell’osservatore.

Jung distingue in opere nate dall’intenzione e dalla decisione cosciente dell’autore di provocare un determinato effetto e opere che invece si impongono all’autore stesso: “…può essere che l’artista preso dal suo impulso creativo, abbia solo la sensazione di creare liberamente, poiché nel pieno del furore, egli può in realtà non ricordarsi quali fossero le sue iniziali intenzioni.”[9]

Dopo numerosi studi e ricerche in merito si è potuto constatare come l’arte non sia soltanto un’espressione del sé, né solo un mezzo di simbolizzazione e sublimazione in quanto essa rivela informazioni profonde e rappresenta una particolare modalità di pensiero i cui contenuti sono le cosiddette rappresentazioni sinestetiche, gli ‘schemi di immagine’, gli ‘schemi emotivi’, i ricordi della memoria implicita e la ‘conoscenza incarnata’ derivante dal sistema dei neuroni a specchio. “Questi contenuti equivalgono a sensori interni che registrano i mutamenti del contesto interiore e ambientale, offrendo inoltre espressione ai conflitti mentali e alle sofferenze psicologiche.”[10]

LUrlo (titolo originale: Skrik) è il nome assegnato a una serie di famosi dipinti del pittore norvegese Edvard Munch.

“E’ impossibile spiegare un dipinto. La vera ragione che ha indotto a dipingerlo è l’impossibilità a spiegarsi in qualunque altro modo”.

Edvard Munch

“Il simbolo […] è un nesso che non è intelligibile se non all’interno di una sua propria struttura connettiva: il primo elemento di questa struttura è la catena simbolica […], ma perché un’espressione acquisti compiutamente il suo valore simbolico, essa si deve costituire anche come elemento connettivo tra chi la propone e chi la coglie e può fruirne […]. Capire un simbolo significa perfezionarlo in quanto lo si verifica come elemento atto a essere inserito nella propria personale catena simbolica o come elemento facilitante lo sviluppo di proprie attività simboliche. Il simbolo è quindi sempre momento di una prassi trasformativa di senso […]. Il discorso analitico è – o dovrebbe essere – per eccellenza un discorso simbolico”.

 (Napolitani D. ‘Individualità e gruppalità’, 1987, pp. 156- 157).

Il concetto cardine dell’arteterapia è favorire l’espressione dei propri vissuti interni con simboli e metafore coinvolgendo il soggetto in attività sia sensoriale e cinestetico è alla base dell’approccio integrato arte-gruppoanalitico. Esprimersi con l’arte è, quindi, un fattore protettivo e contenitivo che funge da mediatore nella relazione con il terapeuta rispettando i meccanismi di difesa, aggirandoli e favorendo la libera espressione del proprio mondo interiore, l’attivazione di risorse creative per una maggiore autoconsaevolezza. E’ il disegno che con la forma, il colore e il tratto promuove il processo simbolico che non può essere pensato in quanto non concreto nei pazienti psicotici. Questa è una premessa per introdurre quanto possa essere importante riuscire ad esprimere le proprie emozioni su un foglio con dei colori e soprattutto riuscire a condividerle in gruppo. La potenza di un laboratorio di arte all’interno di ogni gruppo riesce a portare allo scoperto emozioni altrimenti sommerse ed aiuta ad esprimere i propri contenuti interni. Anche C.G. Jung conferma l’importanza del ‘fare’ creativo: spesso accade che le mani sappiano svelare un segreto attorno a cui l’intelletto si affanna inutilmente’[11].

Si potrebbe concludere che il pensare extra-riflessivo (che è praticamente esperienza memorizzata), stimolato e attentamente guidato dalle terapie espressive (basate sul ‘fare’) favorisce la formazione dell’attività estetica. L’obiettivo quindi che con un setting adeguato e una relazione interpersonale con il terapeuta (addestrato nella pratica delle terapie espressive) si può ottenere con l’utilizzazione da parte del paziente di questo (o altri) canale espressivo lo sfruttamento della componente cognitiva di tipo extra-riflessivo[12], riuscendo ad ottenere un contatto con i propri scenari fantasmatici per tentarne la rielaborazione. “Ed è in questo tipo di terapie espressive che la componente cognitiva extra-riflessiva, considerata altrimenti ‘un fattore terapeutico nascosto di natura ineffabile e non precisata ottiene nelle terapie espressive una esatta definizione, e soprattutto un mirato utilizzo applicativo.”[13]

Renè Magritte Il figlio dell’uomo 1964, Coll. privata olio su tela, 116x85cm

Conclusioni

Questo elaborato desidera essere una riflessione sull’arte e la psicologia ma anche un omaggio ad un grande artista che continua ad essere presente con le sue opere e a diffondere quel meraviglioso stimolo espressivo delle emozioni più profonde che ognuno di noi ha dentro favorendo all’interno del gruppo la diffusione delle proprie storie che “si intrecciano le une con le altre aprendosi al riattraversamento delle proprie gruppalità interne…”[14]

Dott.ssa Signorini Sabrina


[1] Mimmocanonico.it

[2] Gioanola E. Il decadentismo, Roma Studium 1977

[3] ibidem

[4] Freud S. Il poeta e la fantasia 1907

[5] Gioanola E. 1977

[6] Rank. O. L’artista. Approccio a una psicologia sessuale. SugarCo 1986

[7] Winnicott D.W. Gioco e Realtà Armando editore Roma 1992

[8] Bion W.R. Trasformazioni il passaggio dall’apprendimento alla crescita, 1965 Armando Editore

[9] Jung C.G. Tipi psicologici in Opera vol 6 Boringhieri 1988

[10] Alessandrini Marco Le terapie espressive: una via per la scoperta e l’utilizzo dei fattori terapeutici nascosti, Psychomedia Telematic Review

[11] Jung, 1988

[12] Alessandrini M. Le terapie espressive: una via per la scoperta e l’utilizzazione dei fattori terapeutici nascosti? Psychomedia telematic review

[13] Ibidem

[14] Napolitani, 1987


Sitografia:

Bibliografia:

  • Gioanola E. Il decadentismo, Roma Studium 1977
  • Freud Il poeta e la fantasia 1907
  • Rank O. L’artista. Approccio a una psicologia sessuale. SugarCo 1986
  • Winnicott D.W. Gioco e Realtà armando editore Roma 1992
  • Bion W.R. Trasformazioni il passaggio dall’apprendimento alla crescita, 1965 Armando Editore
  • Jung C.G. Tipi psicologici in Opera vol 6 Boringhieri 1988
  • Alessandrini Marco Le terapie espressive: una via per la scoperta e l’utilizzo dei fattori terapeutici nascosti Psychomedia telematic review
  • Napolitani, Individualità e gruppalità, IPOC, Milano 2006
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